Negli anni di regno di Cosimo III de' Medici si assiste in Toscana all'ultima grande stagione sperimentale patrocinata dai principi medicei nell'ambito delle discipline botaniche e agronomiche. Erede di una tradizione familiare ben nota in Europa sin dal Rinascimento, questo sovrano investì ingenti risorse nell'orticoltura facendo tesoro delle ricerche condotte in accademie, università e spezierie granducali oltre che di quanto appreso da illustri maestri e durante i frequenti viaggi giovanili. Sostenendo studiosi quali Francesco Redi, Pietro Nati, Michelangelo Tilli e Pier Antonio Micheli, Cosimo III orientò le intuizioni e le esperienze della Nuova Scienza verso una piena maturità, favorendo uno straordinario avanzamento delle conoscenze legate al mondo vegetale. Strettamente complementari, le onerose spedizioni finanziate in terre lontane permisero a medici ed esploratori di reperire nuove varietà di erbe medicamentose, frutti e ortaggi che, affidati alle cure di giardinieri qualificati come Sebastiano Rapi e idealmente protetti da Vertumno e Pomona, si diffusero presto nei possedimenti granducali. Il disporre di queste essenze, rare e talvolta molto gustose, coniugava ornamento e utilità, in linea con l'esigenza di migliorare l'agricoltura, di sviluppare il commercio e, non da ultimo, con il desiderio del sovrano di mantenersi in salute adeguando la propria dieta al leggendario vitto pitagorico. Fondamentali per la trasversale ricerca qui presentata sono stati documenti d'archivio spesso inediti - tra cui carteggi, diari e inventari di collezioni botaniche - approfonditi in relazione ai trattati specialistici dell'epoca e alla produzione di disegni e dipinti naturalistici molto apprezzata alla corte granducale. L'orticoltura toscana tra il XVII e il XVIII secolo si contestualizza così in una vivacissima cornice di respiro internazionale, fornendo spunti preziosi per indagare pagine di storia considerate spesso, a torto, come minori.