Il ceco Jan Sobotka si inscrive a pieno titolo nella nutrita, entusiasmante e a un tempo terribile famiglia di aforisti dell'Europa centro-orientale che stiamo imparando a conoscere: vivi, feriti eppure ancora capaci di credere in principi fondamentali, disposti a confrontarsi con un oggi immerso nella storia, decisi a concepire una letteratura che rimane arte pur esplorando le paludi e le secche del vivere quotidiano. Capaci di sintetizzare in un aforisma lieve una vita di soprusi («È vero? Non lo so, non abbiamo ancora votato»), ci getta in faccia una realtà universale e ci fa comprendere come siamo noi ad accettare di chiamare "libertà" quella che è solo una gabbia più grande, e "società ordinata" quella in cui le leggi vengono «violate come previsto».