Nella seconda metà dell'Ottocento, quando le donne in Italia costituivano l'unica "provincia irredenta", succede che alcune scrittrici impegnate nel giornalismo, mondano o di denuncia sociale, in rivendicazioni emancipazioniste e nel movimento femminista mozzoniano maturino l'idea sovversiva di guardare al familiare copione del corteggiamento, della vita matrimoniale, dell'adulterio attraverso la prospettiva dell'ironia. Ne nascono racconti ad alto tasso di umorismo, che ribaltano le quinte del teatrino amoroso dell'epoca, mandando in soffitta Madame Bovary e inaugurando figure di donne capaci di farsi beffe di falsi miti e tabù, e poi di entrare in gioco: ma stavolta con regole scritte da loro. Così la penna di Matilde Serao dà vita a Checchina, decisa a concedere le proprie grazie a un marchese, che cade proprio sull'ultima difficoltà pratica, a un metro dal traguardo. E se donna Valentina risponde a tono a chi la vorrebbe preda di un amore esclusivamente carnale, la Francesca di Annie Vivanti cerca di plasmare la propria immagine secondo quell'ideale di perfezione borghese destinata ad accendere gli ardori del suo - possibile? - amante teutonico. Con un esito tragicomico.