In soli tre film i fratelli D'Innocenzo hanno ribaltato l'idea del racconto di periferia, partendo dalla messa a nudo del luogo senza compromessi o sentimentalismi ("La Terra Dell'Abbastanza"), passando poi alla rinuncia eclatante di ogni forma di realismo geografico, sociale e formale ("Favolacce"), per arrivare alla scarnificazione ultima, mortifera e spettrale di una cornice ora davvero sola ("America Latina"). Questa trilogia dei margini vede il maschile messo in crisi a colpi di silenzi, stordito, sfalsato, con la scrittura dei D'Innocenzo che analizza con feroce dolcezza gli sbagli di una somma di generazioni (l'infanzia creativamente lugubre di "Favolacce", l'adolescenza febbrile e scarica de "La Terra Dell'Abbastanza" e l'età adulta pietrificata, sconfitta e raggelante di "America Latina") tracciando un filo invisibile e stupefacente tra il lirico e l'orrifico che determina la coppia di gemelli come tra i più lucidi narratori di questo secolo. Con sceneggiature più simili a romanzi i D'Innocenzo spalancano le porte della loro visione del mondo, si perdono in dettagli labirintici, si dileguano dal già visto, si scansano sia dalla prevedibilità quanto dalla scoraggiante imprevedibilità. "Trilogia" è un ponte imprescindibile tra cinema e letteratura, un unicum per riflettere e riflettersi in storie di ordinarietà che diventano folli una volta venute a contatto con noi.