"È lucida e decisa, pur se fondata su presupposti sui generis, la reazione anti-realistica ed anti-positivistica di Gabriele D'Annunzio alle soglie della modernità, fino a oltrepassarne profeticamente i confini. Già nel 1893 il poeta abruzzese coglieva, con l'antesignana lussureggiante lucidità che gli era propria, il tramonto dell'ottocento e la nascita di tempi nuovi: «l'esperimento è compiuto. la scienza è incapace [...] di rendere la felicità alle anime in cui ella ha distrutto l'ingenua pace. [...] Non vogliamo più il sogno. Riposo non avremo se non nelle ombre dell'ignoto». Esemplare risulta, in effetti, l'iter umano e letterario di D'Annunzio attraverso il Novecento e la sua mitologia: sicché il viaggio che il poeta compie con la sua opera viene ad assurgere ad epocale simbolo d'una paradigmatica saison en enfer dell'artista nella società contemporanea. Andrea Sperelli, l'esteta, il dandy wildiano de Il Piacere (1889), la perfetta autoincarnazione dannunziana, rappresenta il momento dell'illusione ancóra possibile" (dalla Prefazione del curatore del libro, Roberto Pasanisi)