Cosa hanno in comune Montaigne, Voltaire, Céline e il commissario Maigret? Tutti inseguono, caparbiamente, l'"aspra verità" - su di sé, sulla società, sul mondo, sulla nostra condizione. Il nostro rapporto con la Francia è stato (per lo più) di amore, di fascinazione, a volte di diffidenza. Dei cugini d'oltralpe non ci entusiasmava la esibita grandeur, però ci hanno sempre attratto il radicalismo, l'esprit, l'eleganza dello stile, la passione per la giustizia, la fiducia quasi fanatica nella ragione, l'oscillazione tra gli estremi (nichilismo cupo del marchese de Sade e delicata felicità delle tele degli impressionisti). Questo impulso di disarmata sincerità ha contagiato gli scrittori italiani ospitati in questo volume - tra i migliori della nostra letteratura attuale - che hanno raccolto l'invito a parlare della Francia: i loro testi, diaristico-narrativi, si rivelano come tanti microromanzi di formazione, schietti e privi di convenevoli. Non sapremo mai se è meglio, in assoluto, il formaggio francese o quello italiano, ma forse d'ora in poi ognuno di noi potrà deciderlo senza più sciovinismi e pregiudizi culturali.