Mario Tommasini è uno degli uomini che in Italia ha saputo trasformare bisogni in diritti, uno degli uomini che in vent'anni di lavoro politico ha vissuto per le tre ecologie: della mente, del sociale e dell'ambiente, senza mai dividerle. Per un'idea della politica e dell'uomo che fa dell'utopia un luogo che può essere dappertutto: nelle città, nei quartieri, nelle istituzioni. Dedicato a Mario Tommasini, l'uomo dei sogni "impossibili", il libro segue il processo di chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari che si è concluso nel gennaio di quest'anno e che deve affrontare ora i nodi ereditati dal secolo scorso, diventati tanto intricati che appare follia solo pensare di scioglierli. La sequenza incalzante dei contributi di Pietro Pellegrini e dei suoi compagni e l'impostazione dialettica dei contenuti costituiscono una sorta di cantiere nel quale il lettore può ricavare un'idea chiara del cambiamento in corso. L'impegno che ha da sempre animato Mario Tommasini sembra rivivere nella campagna per abbattere i muri dei manicomi giudiziari, l'ultimo luogo di internamento arcaico e brutale sopravvissuto ai grandi cambiamenti degli anni '70. A 140 anni dall'apertura del primo manicomio criminale ad Aversa e quasi 40 dalla legge 180 del 1978, il nostro paese si è liberato dall'istituzione più brutale. E proprio "liberarsi dalla necessità del carcere" era uno degli slogan programmatici del lavoro di Mario, di Franco Rotelli e di tanti altri compagni di strada. Il carcere come lotta contro l'esclusione e l'emarginazione, contro la necessità del manicomio, del brefotrofio, degli istituti per i disabili, dei ricoveri per i vecchi. Di tutte le istituzioni totali come luoghi di annientamento, di negazione di ogni brandello di soggettività, della la vita stessa.