"Matteo Melchiorre è uno storico recalcitrante. Innanzitutto, fa il possibile per sottrarsi a quel 'racconto ordinato e sistematico dei Grandi Eventi' che per molti, nonostante gli sviluppi della scienza storica negli ultimi cinquant'anni, è 'la Storia' tout court. E per di più, la maschera e la postura dello Storico sembrano stargli male addosso: a leggere questo suo meraviglioso libro (meraviglioso perché fa apparire meravigliose cose comuni e materiali e quotidiane) lo si potrebbe scambiare per un girovago, un innamorato, un sognatore, un cantastorie - o, come direbbe Dario Fo, un 'cacciaballe'. In realtà, sotto la svagata andatura della narrazione, il lavoro storico di Melchiorre è ampio, solido e accurato. Ed è grazie a questo serissimo lavoro, sornionamente raccontato come il passatempo di un perdigiorno, che pagina dopo pagina si presenta alla nostra immaginazione e alla nostra conoscenza la vita plurisecolare di due comunità: la città di Feltre, sotto, e gli abitanti del Primiero, sopra: uniti e separati da un passo, lo Schenèr - descritto, a seconda di chi lo attraversava, come 'gola stupenda' o 'orrido abisso' - che è sempre stato confine e transito insieme, luogo fortificato e cordone ombelicale. Come già nel bellissimo 'Requiem per un albero', Matteo Melchiorre riesce qui a soddisfare non solo il nostro desiderio di conoscenza, ma anche le esigenze della sensibilità e dell'immaginazione." Giulio Mozzi