"Come in un vertiginoso caleidoscopio si alternano nei racconti nonne, bambini e bambine, ciascuno col suo carattere, i suoi suggerimenti, le sue ricette per... guarire le bue. Questa parola antica, buffa e adorabile, [...] è una parola che percepiamo come assolutamente infantile [...], eppure di quanti significati è colma, di quanta nostalgia, di quanti ricordi che si srotolano uno dopo l'altro nella memoria... Per definizione, da una bua si guarisce presto; ma questa guarigione, nella mente dei piccoli, esige non solo il 'rimedio miracoloso' di cui i nonni sono i depositari, ma anche la loro tenerezza, il caldo affetto che emanano e che tranquillizza le paure del 'loro' bambino. Il quale è nipote, non figlio, e quindi ha diritto [...] a un sovrappiù d'amore e di dolcezza. D'altronde, è presente nella mente di tutti noi l'immagine delle due mani che si stringono, quella infantile, piccola e paffuta, che si abbandona con fiducia in quella grande e rugosa dell'anziano, a significare fiducia illimitata da una parte, e protezione altrettanto illimitata dall'altra, arricchita di quella sapienza psicologica che è il dono di una vecchiaia ben vissuta". (Dalla Prefazione di Antonia Arslan)