Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha fatto esperienza dei pregiudizi legati all'età e si è dovuto confrontare con gli stereotipi che accompagnano il fatto di essere percepiti dagli altri come «troppo giovani» o «troppo vecchi». Il tema delle generazioni, dei bias e degli stereotipi legati all'ageismo è particolarmente vivo nell'ambito della formazione e della consulenza organizzativa, tanto che si parla ormai di vero e proprio age management. L'obiettivo è sempre lo stesso, che lo si persegua in un'aula di formazione o nelle relazioni interpersonali: favorire la crescita, la consapevolezza e la comprensione reciproca fra persone che hanno età diverse, con ripercussioni importanti sulla motivazione, la creatività, la voglia di collaborare e, di conseguenza, anche la loro produttività quando lavorano insieme. L'ingresso via via più massiccio dei giovanissimi della Gen Z, con tutto il portato di innovazione, diversità e richiesta di cambiamento che questo pone alle organizzazioni, è un'occasione da non mancare per integrare i vecchi e i nuovi paradigmi di lavoro. Le aziende che sapranno farlo più e meglio delle altre svilupperanno un vantaggio competitivo notevole. La chiave per traguardare tutto questo è l'integrazione e la messa insieme delle diversità in ambienti di lavoro sempre più inclusivi. La posta in gioco non è mai stata così alta. La buona notizia è che anche gli strumenti e le leve attivabili per allenare le persone a mettere in campo la versione migliore di sé non sono mai stati così affinati e potenti. Prefazione di Linda Serra.