Una coppia di binari sul palcoscenico, una stazione ferroviaria, un computer che controlla e monitorizza ogni movimento. La sceneggiatura è scarna, essenziale, così come sembra essere d'obbligo quando si scrivono copioni sui trasporti; copioni, per addetti ai lavori, si afferma e si ripete ad ogni occasione per celare una sottile ma pervicace volontà di mantenere tutto ciò che si muove, aerei, treni, porti e navi, in una sorta di ghetto. La società civile, l'industria ben radicata nelle sue fabbriche, le città ben piantate e impantanate nei loro quartieri e nelle loro speculazioni immobiliari, sembrano quasi vergognarsi: noi, muoverci, giammai. Con il risultato che per anni chi ha osato parlare di mobilità e di trasporti è stato puntualmente equiparato ai due pazzi di andreottiana memoria, quello pazzo sul serio e quello, guarda caso, pazzo perchè voleva risanare le ferrovie... Dalla prefazione di Bruno Cardani.