27 aprile 1931: gli XI Giochi Olimpici vengono assegnati a Berlino, capitale di uno Stato in cui covano umiliazione e risentimento. Circa due anni dopo sale al potere Adolf Hitler, che procede all'eliminazione degli oppositori e all'opera di segregazione degli ebrei tedeschi. I piani politici del Cancelliere preoccupano il Comitato Olimpico Internazionale, che minaccia la revoca dell'assegnazione, ma Hitler e i tedeschi promettono che non ci saranno esclusioni di atleti di fede ebraica dalla competizione, e la macchina organizzativa procede inesorabile. Tre saranno i simboli per sempre accostati alle Olimpiadi del 1936: la pellicola Olympia, opera propagandistica di una giovane Leni Riefenstahl; l'Olympiastadion, emblema della grandezza del Reich, nel quale il popolo tedesco divenne un sol uomo con il suo Fu?hrer; e soprattutto le leggendarie vittorie di Jesse Owens, l'atleta che riuscì ad «annichilire, sportivamente parlando, nell'immensa arena del grande stadio, il mostro nazista». Victor Klemperer, autore di "LTI: la lingua del Terzo Reich", scrivendo delle Olimpiadi si espresse in questi termini: «Si tratta puramente e semplicemente di un'operazione politica. [...] Non si smette di inculcare nel popolo e negli stranieri l'idea che qui si stia manifestando una rinascita, una fioritura, una nuova mentalità, l'unità, la tenacia e la magnificenza e, beninteso, lo spirito pacifico del Terzo Reich che abbraccia teneramente il mondo intero».