Dal cuore di Anversa alle innumerevoli città d'Europa (Avignone, Barcellona, Helsinki, Milano, Parigi, Roma, Varsavia, solo per nominarne alcune) e del mondo (Bogotá, New York, Melbourne, Tel Aviv tra le altre) in cui allestisce le sue rappresentazioni teatrali, coreografie ed esposizioni, Jan Fabre ci consegna il diario delle fasi e gli effetti delle sue inesauste operazioni, la volontà di "essere sangue" (flusso, dispendio e perdita) nel mondo dell'arte, ma anche riflessioni e giudizi, a volte spietati, sul proprio lavoro, su quello dei suoi collaboratori e sulle opere altrui. Nello stesso tempo, è pronto a lasciarsi toccare dalla bellezza delle forme, dall'intensità dei gesti e dei corpi che incontra nel mondo, dalle performance dei suoi "guerrieri della bellezza" e confessa l'adesione alle pulsioni, le più diverse, che lo afferrano. Punteggiate da incontri decisivi, con filosofi, curatori, critici e artisti dalle posture più varie, dagli scontri con il clima culturale e artistico fiammingo intriso di opprimente moralismo, queste pagine sono attraversate anche dallo sgomento per la morte del padre. Come sottofondo ineliminabile, esercizio incrollabile, la passione per il disegno.