Egon Schiele (1890-1918) è allievo di Klimt e si forma nell'atmosfera della Secessione artistica viennese. Ma è subito evidente che il suo percorso verso la modernità persegue strade diverse da quelle del suo maestro e amico, aprendo la strada - insieme a Kokoschka - alla stagione dell'espressionismo austriaco. La sua pittura prende decisamente una via straniante e urticante - per gli standard morali del tempo - rispetto alla preziosità decorativa del pur innovativo modello klimtiano. L'inclinazione a raffigurare il corpo nudo diventa ossessione; la figura si frammenta e contorce, a esprimere una sensualità angosciata e inquieta. Muore giovanissimo, a ventotto anni, ma lascia un corpus di migliaia di opere fra dipinti, acquerelli, disegni, con soggetti che, oltre al nudo, mostrano una ricorrenza ossessiva del volto, spesso in forma di autoritratto. Tutta la sua opera manifesta una tensione esistenziale di perenne conflitto tra vita e morte. L'esperienza del carcere nel 1912 - è accusato di abuso su minorenni ma viene rilasciato con la sola accusa di pornografia - sarà traumatica. Nel 1918 l'epidemia della cosiddetta febbre spagnola coglie sia lui che la moglie in uno dei rari periodi di serenità: nel giro di tre giorni, ne muoiono entrambi.