Subito dopo la morte di Vittorio Emanuele II, avvenuta il 9 gennaio 1878, egli fu salutato come il re galantuomo e il Padre della Patria e presto il Governo iniziò a pensare di promuovere un grandioso monumento a Roma in suo ricordo, il futuro Vittoriano. In seguito a ben due concorsi il progetto fu affidato a Giuseppe Sacconi e il 22 marzo 1885 fu posta la prima pietra del monumento. L'Altare della Patria, una grande ara votiva dedicata alla nazione italiana posta nel cuore del Vittoriano, venne decorato dallo scultore bresciano Angelo Zanelli. Al centro, entro una nicchia, si staglia figura la statua della Dea Roma e ai lati corrono due altorilievi, concepiti come cortei che raffigurano L'amor patrio che combatte e vince, un lungo corteo allegorico di figure ispirato ai fregi fidiaci per il Partenone di Atene, e Il lavoro che edifica e feconda, nel quale le attività dell'agricoltura si alternano a quelle dell'industria. Si tratta, dunque, di un ricercato rimando ai trionfi romani di età classica, in particolare ai due rilievi all'interno dell'Arco di Tito, ma riletti e filtrati attraverso un lessico moderno, debitore alla matrice simbolista di Leonardo Bistolfi. Nella Dea Roma, successiva di qualche anno, l'artista avrebbe modulato questo linguaggio di base, assumendo declinazioni prossime alla Secessione Viennese e all'arte di Gustav Klimt, ma interpretate alla luce del gusto déco e dell'incipiente novecentismo. Il volume ricostruisce i due concorsi che portarono alla vittoria del bozzetto di Angelo Zanelli, l'inaugurazione dell'intero monumento in occasione del cinquantenario del Regno d'Italia, il 4 giugno 1911, il lungo processo di realizzazione in pietra del fregio e il dibattito sulla Dea Roma. Presenta inoltre la formazione simbolista e liberty di Zanelli e, in conclusione, le opere degli anni Venti e Trenta realizzate dopo il successo ottenuto con il fregio dell'Altare della Patria: vera e propria summa dei valori etici e simbolici dell'Italia unita.