Marcello Dudovich (Trieste 1878-Milano 1962) si racconta idealmente in queste pagine attraverso un intenso percorso tematico che non disegna solo una parabola biografica e artistica, ma rivela gli ideali, le contraddizioni e le disillusioni di un'epoca. Dudovich incarna il confine che tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento segna il passaggio dagli entusiasmi della Belle Époque alle pesanti eredità dei due conflitti mondiali. Uno sguardo "tra sogno e realtà", spesso declinato al femminile, che nelle sue innumerevoli opere spazia dall'incipiente mondo dei consumi di massa (i grandi magazzini) alla modernità tecnologica (le automobili, gli aeroplani), prima di ripiegarsi sul disincanto. All'inizio degli anni Trenta ampi orizzonti onirici ed estetici si dipanano, come un'epifania, nel ciclo pittorico che Dudovich realizza a Roma nel nuovo Palazzo della Regia Aeronautica: un sogno alato che moltiplica lo spazio dell'immaginario aviatorio, e non solo. Negli anni successivi una lenta ma inesorabile crisi esistenziale e artistica, già latente dalla fine degli anni Venti, conduce l'artista verso una traiettoria che decade "dal sogno alla realtà" e si manifesta attraverso un progressivo irrigidimento del segno, dei tratti. Fino agli ultimi anni di attività, durante i quali i ritratti femminili sembrano restituire - in primis allo stesso Dudovich - la consolante morbidezza del ricordo: di un mondo ormai troppo lontano da quello che ne aveva modellato l'arte.