Mirko, Antonio e Andrea, in arte: Fius Gamer. Tre cuori tinti d'azzurro che quest'anno, allo stadio Diego Armando Maradona, sempre agli stessi posti in tribuna Nisida, hanno festeggiato il loro primo scudetto. Come ha detto lo zio, commosso: «L'avete visto anche voi, wuagliù». Nelle ultime stagioni il destino e la sfortuna del Napoli si erano messi di traverso e la vittoria era sfumata troppe volte al fotofinish. La disillusione sembrava diventata la cifra del tifoso napoletano. Poi dalla Georgia è arrivato un campione che di nome fa Khvicha e di cognome Kvaratskhelia e con lui una squadra che sembrava indebolita, dopo un profondo rinnovamento estivo si è trasformata in un bulldozer imbattibile. Kim, l'invalicabile muro coreano su cui ogni attacco è andato a infrangersi. Capitan Di Lorenzo, degno erede della fascia che è stata di Maradona. «Rambo» Anguissa, il «Maestro» Mário Rui, l'ex «Cinghialotto» Lobotka. E Politano, Zieli?ski, Meret, Rrahmani. E, soprattutto, Victor Osimhen, «l'Uomo mascherato». Attorno a questi nomi, e a tutti gli altri della rosa, il Napoli e il suo condottiero, Luciano Spalletti, hanno costruito, domenica dopo domenica, un'annata da record. Dal ritiro a Castel di Sangro fino alla festa esplosa in un Maradona straripante di tifosi (nonostante la partita decisiva si giocasse a Udine) Mirko, Antonio e Andrea sono stati sempre vicini alla squadra e con loro tutte le persone - più di due milioni e mezzo - che li seguono fedelmente in ogni loro avventura. Hanno gioito, pianto, esultato. Si sono arrabbiati e hanno inveito. Proprio come tutti gli altri appassionati che in ogni parte del mondo condividono l'amore per Napoli e per la sua squadra di calcio.