In un mondo ormai fondato sui dati, sull'intelligenza artificiale e sugli algoritmi, la tecnologia e la cultura si plasmano a vicenda. Dai social ai ristoranti trendy, dalle reti di forniture urbane alle piattaforme, come Netflix e Spotify, gli algoritmi influenzano le nostre scelte con raccomandazioni personalizzate, che formulano utilizzando strumenti di sorveglianza dei dati e apprendimento automatico. C'è lo zampino dell'algoritmo nelle immancabili insegne al neon e nei mattoni a vista degli Internet café e nell'arredamento scarno e modernissimo degli Airbnb nelle città di tutto il mondo; nelle canzoni che ascoltiamo e nella scelta degli amici con cui restiamo in contatto. "Filterworld" spiega in modo lucido e ben argomentato in che modo questa rete di formule ben precise che si diramano dentro e fuori dai nostri dispositivi tecnologici stia soffocando i nostri gusti personali e appiattendo la cultura collettiva. È possibile sottrarsi (almeno in parte) a tutto questo? Chayka sostiene di sì, ma per sfuggire a Filterworld dobbiamo prima comprendere come funziona.