C'è una paranza dei bambini, come quella raccontata da Saviano a Napoli, anche in Sicilia. Erano ancora minorenni, ma già ammazzavano a colpi di pistola. Addestrati per uccidere senza pietà vecchi capimafia di Cosa nostra, furono autori di una vera mattanza, che insanguinò per molti anni le strade della Sicilia. È la storia della Stidda: un romanzo criminale che sconfina nell'horror, fatto di riti, di giuramenti, di santini bruciati tra le mani e di vite di adolescenti spezzate. Volevano essere la nuova mafia, la Stella maligna - Stidda, appunto, in siciliano - che sfidava Cosa nostra, e che riuscì, per molti anni, a metterla in crisi. Fino a compiere ciò che lo Stato non era riuscito a fare: sconfiggerla. Un cronista di mafia, anzi di mafie, di lunga esperienza come Giuseppe Bascietto, è riuscito a penetrare nel cuore nero di questa famigerata organizzazione, quasi sconosciuta al di là del nome. Ha raccolto il memoriale di uno dei suoi capi storici, Claudio Carbonaro, poi pentitosi e ultimamente tornato alla ribalta delle cronache. Una storia che purtroppo non è finita. Quei bambini con la pistola oggi sono diventati adulti, si sono mimetizzati nel mondo del commercio e, oltre a tenere sotto scacco i loro territori storici, hanno allungato le mani anche al Nord. L'ennesima trasformazione in mafia "bianca" di chi cerca nuove strade per riaffermare il suo potere criminale sulla vita del Paese.