In questo volume sono raccolti sette preziosi scritti, sette punti cardinali che formano una rosa dei venti attraverso cui Abilio Estévez riscopre la Cuba del XX secolo, prima della rivoluzione. La Cuba che conobbero i poeti Juan Ramón Jiménez, Federico García Lorca e Luís Cernuda. Una realtà filtrata dal ricordo dell'autore che trascorse l'infanzia a Marianao. Grazie all'amicizia con i suoi maestri Virgilio Piñera e Lezama Lima (il capolavoro di quest'ultimo, Paradiso, è oggetto di un'analisi profonda), Estévez orchestra un magnifico inno alla letteratura e alla libertà dello scrittore, che segue il suo percorso ai margini della società. Estévez evoca anche Reinaldo Arenas, altro autore cubano condannato all'ostracismo, e il mito di Parigi come Mecca letteraria. Nell'ultimo scritto della raccolta, l'autore affronta l'eterna domanda «Perché si scrive?». Impossibile rispondere, è la domanda che è mal formulata, perché è la letteratura che scrive Abilio Estévez, il quale, come tutti i grandi scrittori, ha imparato a "lasciarsi scrivere".