Assistiamo quotidianamente all'assedio mediatico delle varie "parole in corso", a un'incontinenza verbale a volte insostenibile, un persistente rigurgito messo in circolo dalla politica, dalla televisione, dalla pubblicità e dal nostro prossimo. Parole che ci assillano, ci frastornano, ci infastidiscono, parole dalle quali è difficile distanziarsi, liberarsene. È da questo imperversare verbale che nascono le mie etimolerie, una sorta di eterogenesi etimologica, che presenta storpiature delle parole in corso qui raccolte, un gioco di specchi deformanti nei quali nessuna parola riflette la sua fisionomia originaria, bensì una sua deformazione, che intende smascherare le mistificazioni che si nascondono sotto l'aspetto originario degli etimi; oppure, in certi casi, una deformazione che acquisisce un significato diverso, del tutto indipendente dalla parola deformata da cui deriva. Queste etimolerie, in sostanza, non intendono essere altro da quello che sono, vale a dire un esercizio satirico che svolge la sua funzione ludica di suscitare nei lettori qualche salutare risata.