Quando misi piede all'Accademia la prima cosa che colpì i miei occhi fu quella Galleria nel Palazzo Fernandez piena di statue classiche che nelle stanze di quel luogo parlavano di Arte, risalivano ai tempi antichi anche se dovevano essere opere che ne simulavano le fattezze e i ricalchi postumi di ciò che una volta significava la scultura per i greci e i romani. Quel livore così bianco e arcaico mi impressionò e quel silenzio era interrotto dagli studenti che frequentavano i loro corsi su cui vegliava lo spirito dell'Arte. Io quell'Accademia la frequentai per cinque anni a seguito della possibilità, in pensione, di servirmi di orari che consentissero la frequenza di questa Università ed è qui che incominciai a ispirarmi per il mio libro "Ombre e Forme": un tessuto di fantasmi del mio passato che prendevano forma giorno dopo giorno incorniciati da brevi versi che uscivano fuori dalla mia creatività come disegni che via via si servivano del mio solito linguaggio di poeta. Il tempo mi riportava al di là e qua una misura delle mie capacità di essere e il mistero delle parole che servono al mestiere dello scrittore e al mio libro così intessuto che è una prova della mia tela intrecciata nella sua forma che affido al lettore.