Semplice e oggettiva, simbolica e naturalistica, discorsiva e prosastica: la poesia di Cesare Pavese è un tiepido prolungamento della nostalgia crepuscolare di stampo gozzaniano, è l'incedere fruttuoso e malinconico nei campi e nelle strade cittadine, un dipinto impressionista che rivela la solitudine quale virtuosa privazione del bisogno o come temibile condanna esistenziale. E talvolta il vuoto si riempie di versi lunghi e cadenzati, in una tenera indulgenza verso tutto ciò che è fisicamente presente agli occhi del poeta, traduttore onnisciente e solitario di interstizi sotterranei.