"Sembra a volte che nella poesia italiana, sia pure nell'assoluta diversità di atteggiamento, temperatura, poetica, si diano passaggi di fiamma se non di fiaccola. Così, Amigdala, nuova e più temeraria prova poetica di Riccardo Frolloni, sembra in certo senso ripartire, oltre che da Corpo striato, da alcuni versi di Tiziano Scarpa nel Capitalismo straniero/El capitalismo foràneo. Ma la Romania dopo la fine dell'impero sovietico, congiunta all'Italia fragile e mortale, nel senso di chi può morire, della provincia, scena primaria di entrambi i testi, in Frolloni non è più letterale com'era in Scarpa. Sono trascorsi vent'anni ed è diventata memoria, luogo labile che le fotografie che scandiscono le pagine - volti e corpi in bianco e nero, architetture del realismo socialista, auto coperte di una neve che non sembra più possibile debba cadere in quel modo, nell'Antropocene sopraggiunto - congelano e insieme congedano, rendono habitat di cantares declinati in versi lunghi e stondati in cui, per Frolloni, la speranza diviene prigionia, psicosetta. Tema, e non sarà antropologicamente casuale, anche di un recente romanzo della coetanea Alice Urciuolo, La verità che ci riguarda (66th and 2nd), tanto si impone a questa generazione l'attualità della manipolazione psicologica affine a ogni forma di disinformazione, fake news, deep fake. Se il Corpo striato era il centro del movimento-vita contrapposto alla morte di ogni padre, l'Amigdala è il «grilletto neurale» (Wikipedia) che ci fa agire, rispondendo all'esperienza emotiva, prima ancora che possa entrare in azione la corteccia, la coscienza. È così forse che ogni storia diventa verità parziale, collage di briciole di racconti personali e altrui che coabitano nel corpo poetico, nuova falsità (come scrive Frolloni in nota), extimità che la poesia riscatta: di queste storie, per fortuna, non so niente, e per questo le ho scritte." (Laura Pugno)