Il filo conduttore della silloge poetica, composta in un arco temporale ampio, è come sempre il sentire, l'ascoltarsi, il riconoscere quanto le esperienze di vita, gli accadimenti, le osservazioni, hanno impresso nell'animo del poeta come su di una pellicola fotografica. Il poeta raccoglie dal profondo tutto ciò che ha segnato ed "impressionato" il suo animo, per portarlo alla luce, riconoscerlo e tradurre in parole queste verità acquisite ed osserva nel contempo questo stato misterico legato alla creazione, riconoscendogli con le parole quella musicalità ed intimità in cui le ha rinvenute. Ogni composizione, nella molteplicità dell'oggetto, sia esso l'amore, il disamore, l'inquietudine, la fragilità umana, la delusione, la sofferenza etc. si esprime a mezzo immagini dirette e potenti, che esplodono - come ha osservato significativamente Roberto Russo alla prima lettura della silloge - e dirompono come "un colpo di pistola" immediato, diretto, deflagrante e che fa centro, portando seco in questo lampo esplosivo il pensiero, il messaggio da divulgare. Ogni composizione si offre difatti per essere condivisa e per scavalcare in questa comunanza ogni limite personale ed individuale e privarlo così di quella dimensione esclusiva e resa abnorme che lo rende insormontabile, per ridimensionarlo nella comunanza della esperienza collettiva perché i sentimenti, l'amore, il disamore, lo scarto, l'odi et amo sono propri di tutti ed a tutti accadono. Ed ecco allora che la poesia che ci mette dinanzi a noi stessi crudamente ci porta nel contempo il conforto per accettare le nostre imperfezioni, i voli e le cadute e quella fragilità ed erroneità umana che ci contraddistingue ma ci rende modo anche di coniugarli alle straordinarie doti dell'uomo, sì che le contraddizioni, gli ossimori, le esperienze vengono ricomposti nella immancabile dialettica e fluire della vita vissuta.