"I vigili lo issarono a forza sul mezzo, consegnandogli la chiave di casa, dopo aver richiuso accuratamente la porta e le sue ultime speranze di restare. Lui scoppiò in un pianto silenzioso, mentre i muri sparivano dietro agli alberi e Giulia gli prendeva una mano, accarezzandola intensamente come aveva già fatto quando scoprirono quella reggia". In questi racconti, Sergio Martini affronta il tema della perdita del filo che lega un uomo al passato e al difficile percorso per rinascere. Senza giudicare e senza dover necessariamente mescolarsi, accettare, condividere. Immigrati e piccoli asiatici sfruttati, rom e tossicodipendenti sradicati, si mescolano in un quadro che ricorda l'Hazel di Vicolo Cannery, o gli sconfitti di Furore. L'autore ci porta per mano tra il fetore delle stazioni ferroviarie e degli accampamenti. Tanto delinquenti e beoni, quanto virtuosi e santi. Semplicemente uomini in cammino, nei loro giorni peggiori, alla luce della speranza di albe migliori.