La piccola grande missione che si è dato Francesco Ricucci è raccontare i ricordi degli altri - e naturalmente anche la voce narrante è uno di questi "altri". Come un archeologo dell'assenza, mosso da un istinto tanto spontaneo quanto sicuro, Ricucci non cerca di dare alle sue storie (che sono sempre storie di persone) il senso di un destino. Chi racconta si nasconde, si cela e si camuffa dietro il narrato, si muove col tatto del giusto nel regno dell'evidenza, restando a ogni passo molto attento a non degradare i nostri stupori in aneddoti, a non perderci dentro a un mistero senza contenuto. Ed è sorprendente che in questo modo ogni racconto sia maschera e confessione insieme.