Pulp, eccessi, solitudini, psicosi e un senso di vuoto che toglie il respiro. Otto racconti per altrettanti eterogenei spaccati di vita in cui l'alienazione e il disagio finiscono per confluire in un linguaggio iperrealista che cola rapidissimo dalla prima all'ultima pagina. La violenza, gratuita e spogliata di intenzioni etiche, risparmia poche di queste storie, cesellate secondo stili diversi, che affrontano temi introspettivi. Dallo squallore del cosiddetto mondo civilizzato del racconto "Il mattatoio delle anime dannate"; alla devastante autopsia dell'anima di una bambina abusata in "Lilly", narrato in prima persona e senza l'utilizzo di dialoghi; al crimine orrendo commesso da un uomo e una donna, seguendo diversi percorsi, nel racconto "L'innocenza della carne". La forza e l'originalità di Simone Nepa è nella contaminazione tra violenza, lirismo, sarcasmo e ironia per dipingere un mondo sconfitto e cinico che, tuttavia, sa anche ridere di se stesso come nel caso di "Non si va a cercare la sanità mentale nei bar". In ultima analisi, una lunga carrellata di fatti e personaggi, dove gli uni sfumano indissolubilmente negli altri, dove ci si chiede qual è il senso di questa vita e si trova la risposta migliore nell'attesa, almeno al momento. Tanto, come dice uno dei personaggi, alla fin fine la vita è una teoria inesatta.