«Si può passare la vita a comunicare col proprio padre per interposta persona?» Il giovane tenente Milne se lo chiede al riparo di una tenda da campo, nel cuore nero della Seconda guerra mondiale. Anche suo padre Alan è stato in trincea, nella guerra precedente, quel padre con cui non è mai riuscito a comunicare, a dirsi le cose veramente. Eppure, le parole sono il mestiere di Alan, uno scrittore famoso: è lui l'inventore di Winnie The Pooh. Mentre chiude sospirando la lettera paterna, nella tenda, il tenente non sa che pochi giorni dopo si troverà a lottare per la propria vita e, in un silenzio sospeso sull'orlo della fine, a riviverla, fin dal primo vagito risuonato in una casa rossa di Chelsea, nella Londra dei ruggenti anni Venti del Novecento. Va così in scena la storia di una famiglia travolta dal successo: quello di Alan A. Milne, che si ispirò per il personaggio di Christopher Robin a suo figlio, ancora bambino. Rubandogli l'infanzia, perché ben presto l'orso Winnie e la sua combriccola cominciano a gettare un'ombra troppo lunga per permettergli di crescere come un bambino in carne e ossa e non di carta. Tate e suffragette, club esclusivi per gentiluomini e reduci feriti nel corpo e nell'anima, gli scioperi dei lavoratori e le baldorie dei ricchi, la letteratura di Kipling, di Conan Doyle e di Barrie che parla al mondo intero e l'incomunicabilità tra le mura di casa, il bullismo e la fatica di crescere. C'è tutto questo e molto altro nelle pagine di un romanzo in cui Marina Marazza fa rivivere la storia di un padre e di un figlio, celebri eppure ordinari, vicini alla contemporaneità e alla vita di tutti noi.