Parigi nella seconda metà dell'800 è proiettata nel futuro con le sue esposizioni e la Tour Eiffel, sogna in grande, come avesse tutto il mondo in pugno e di quello che non ha potesse collezionarne gli esemplari, chiudendo in gabbia quelli più esotici per mettersi in mostra. A quel tempo fa molto chic tenere i pappagalli dalle piume sgargianti in voliera. Al centro di quel mondo vibrante e colorato di vita intellettuale troviamo Apollonia Sabatier, il suo celebre salotto della Parigi che vive per scandalizzare e si diverte senza pudore pur di godere dell'arte; Apollonie è la musa di Baudelaire, il suo corpo sensuale fu immortalato da pittori e scultori. Su questo sfondo i protagonisti sono un pianista solitario e misantropo Alkan e suo figlio Élie Delaborde, anch'egli pianista, ma bon vivant, che teneva in casa 121 pappagalli (e due scimmie). Alkan dopo i primi successi si ritira dai concerti, vorrebbe musicare le Sacre Scritture, e rimarrà alla Storia per le sue composizioni bizzarre ispirate al rumore del treno o alla morte di un pappagallo. Un Joyce del pianoforte.