Roma, fine Ottocento. In un grande fabbricato anonimo, in cui vi è il solito sfoggio volgare di un'appariscenza poco curata, abita la famiglia dell'ingegner Bessardi. Tanto l'ingegnere è uomo pragmatico, quanto il figlio Giulio è un fervente seguace dell'estetismo puro, in cui non vi è posto per le grevi questioni di ordine quotidiano - il lavoro, il danaro, le passioni - e la parola "pratico" mai sfiora le curate labbra dell'aspirante asceta estetico. Ma si sa, non sempre i buoni propositi hanno un giusto seguito nelle azioni. L'ingenua e inesperta Isabella Zerdoni una sola volta ha ceduto al fascino di Giulio, ma tanto è bastato per rimanerne incinta. Proprio questa apparente tragedia dà alla giovane, vissuta sino a quel momento in un mondo ingabbiato, in cui alle signorine di buona famiglia si chiede di obbedire prima al padre e poi al marito scelto per loro, la forza di comprendere che, a dispetto della società e della cultura del tempo, solo lei deve decidere per se stessa e per il bambino che forse verrà. Pubblicato nel 1900, questo romanzo scomodo passerà quasi inosservato. E non stupisce: scritto da una donna, è la feroce critica di un mondo ormai al tramonto.