Protagonista indiscussa di "Il fuoco", che è nello stesso tempo un romanzo autobiografico e il corale "diario di una squadra", come specifica il sottotitolo, è la lingua parlata dai soldati francesi della Prima guerra mondiale. Terrore e orrore, le quotidiane emozioni della vita di trincea, la concitazione dei dialoghi, gli ordini secchi e inappellabili: il tutto espresso in un crudo linguaggio popolare, spesso volgare, ma ricco di forza e autenticità. Henri Barbusse decide di documentare il proprio vissuto al fronte con un duplice proposito: offrire ai lettori una testimonianza veritiera dell'atroce esperienza bellica, da contrapporre alla rappresentazione fallace dell'eroe-soldato promossa dalla propaganda dell'epoca; e rivendicare la dignità del popolo (i "poilus") inserendone la voce in una dimensione romanzesca. Con il suo linguaggio espressivo e ricco di sfumature - reso in maniera efficacissima dalla traduzione di Lorenzo Ruggiero e indagato da Denis Pernot nell'introduzione - "Il fuoco" (1916) è un intenso memoir dalle note intime e strazianti, un "romanzo parlante" che fin da subito ottenne notevole successo, vincendo il premio Goncourt e affermandosi come primo magistrale esempio di récit de guerre.