Si è parlato spesso, specie nei media, della presunta "rivoluzione" chomskyana, ma la vera rivoluzione, cominciata negli anni '70, sta nell'ampliamento planetario dell'orizzonte scientifico con lo studio di lingue fino a quel momento sconosciute come quelle aborigene dell'Australia e l'esplorazione, tuttora in corso, di territori sotto questo profilo ancora vergini come la Nuova Guinea e il Sudamerica tropicale: un fatto mai avvenuto in proporzioni così estensive, che ha prodotto un terremoto delle conoscenze devastante per tutte le teorie che si sono succedute nell'ultimo cinquantennio. A questo mutamento epocale non hanno certo contribuito i linguisti "da tavolino", ma quei ricercatori che, bagagli alla mano, sono andati sul posto e come i vecchi "viaggiatori" ci hanno edotto della straordinaria ricchezza linguistica del pianeta, ragguagliandoci sulle lingue più disparate e singolari : una ricchezza che non è completamente naturale né completamente culturale e fa del linguaggio, un "oggetto di terza specie", il più complesso di tutti, rivelatosi irriducibile alle aspettative teoriche anche più modeste.