Nel Centenario della nascita del PCI, l'autore - per quattro legislature deputato e stretto collaboratore di Enrico Berlinguer - ci regala, sotto forma di memoriale, la ricostruzione dettagliata della sua esperienza maturata quando giovanissimo, non ancora inquadrato in ruoli di funzionariato politico, viene chiamato dal partito a trasferirsi a Mosca - dove rimane dall'aprile 1958 alla fine del 1964 - per frequentare dei corsi di formazione (alla Scuola superiore di partito e poi all'Accademia di scienze sociali). Un'esperienza intensa, fatta di luci e di ombre e, sul piano politico, di conferme e di frustrazioni, che Rubbi condivide con una delegazione di giovani militanti italiani (tra cui un simpatico «spilungone milanese», un poco più che ventenne Antonio Pizzinato, destinato a diventare quasi trent'anni più tardi segretario generale della CGIL) e che sarà in quegli anni vissuta, altrettanto intensamente, da diverse migliaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo - in particolare dai tanti paesi del pianeta dove erano in corso guerre d'indipendenza anti-coloniali - tutti o quasi accomunati da esistenze segnate da ristrettezze e povertà e dall'impossibilità, da parte delle famiglie di provenienza, di provvedere ai loro studi universitari. Un'esperienza certo non agevole - studi così severi ad una certa età, scrive Rubbi, «quando ormai più che allo studio ci si insegna a come costruirsi una vita» - e che, dopo alterni episodi (a cominciare dal matrimonio contratto nel 1963 con una ragazza moscovita), volgerà al termine, affrettando il rientro in Italia, a seguito di un avvenimento di politica interna sovietica giunto «inatteso e scioccante» a metà ottobre '64: la brusca liquidazione dai vertici del Cremlino di Nikita Chruscëv. "I miei anni a Mosca" è indirizzato da Antonio Rubbi ai suoi nipoti americani Giacomo e Giulia, da cui, malgrado l'enorme affetto, si sente doppiamente separato: dal l'immenso Oceano Atlantico e dalla lingua; ma a trarne beneficio siamo anche noi lettori, affascinati dal racconto di dense vicende personali, capaci nello stesso tempo di assumere un valore storico e politico generale. Prefazione di Gianni Cervetti. Postfazione di Ivan Pedretti.