Frutto di una tormentata riflessione che ha occupato interamente gli ultimi anni di vita di Pascal, i "Pensieri" sono anzitutto l'espressione dello smarrimento di un'anima geniale. Mosso dalla smania quasi febbrile di scrivere una monumentale Apologia del Cristianesimo, il filosofo francese rivela in quest'opera la sua verità di uomo ancor prima di vestire i panni del pensatore. Come scrive il curatore Bruno Nacci nell'introduzione, "sbaglia chi legge queste pagine con la volontà di ritrovarvi un pensiero unico, una indefettibile e monotona litania di luoghi 'pascaliani'. Quest'opera sconcertante è viva solo perché in essa Pascal è sceso intero, senza alcuna preoccupazione di lasciare un'immagine pacificata di se stesso". Non è un caso che la sua immersione tra i dubbi della mente, la sua ricerca teologica di un'obiettività di fede contro ogni facile razionalismo, il suo voltare e rivoltare gli argomenti, siano caratterizzati dall'alternanza tra un'ironia arguta e una drammatica solennità: la scrittura di Pascal è figlia della sua incontenibile personalità, e ce lo fa scoprire fratello di chiunque affronti la crisi del proprio mondo interiore e della propria contemporaneità.