Nella vita - dice una poesia di questa raccolta - siamo attirati da distanze che ci chiamano, che non vediamo e non conosciamo, come da un suono di campane lontane. È un suono remoto, misterioso, un battito originario, nei cui rintocchi la parola poetica nasce e ritorna, ogni volta, per dissolversi. Nelle campane - nella poesia - Silvia Bre cerca di cogliere ritmi che scorrono sotterranei alla vita ma che della vita, non solo individuale, sono la linfa nascosta. A volte è necessario un salto mortale, della percezione e della grammatica. Ma più spesso questa lingua poetica si affina per concentrazione, per elisione, per cancellazione di tutto ciò che è superfluo, nella tensione verso l'origine delle cose, nell'attenzione per i nessi che le legano, per l'attimo di senso quando si dilata e sembra eterno. Le campane non possono non avere anche un aspetto mortuario, commemorativo. E infatti, verso la fine della raccolta, le note assumono un tono quasi cimiteriale e il lessico si infoltisce di «polvere», di «scheletri», di «tenebre». Come se la vibrazione delle campane precedesse e oltrepassasse il rintocco della vita, e rivelasse infine un mistero siderale, l'annuncio di una «lingua celeste dello sparire».