"Io, Moby Dick", a dispetto del titolo, non è una mera riduzione scenica del romanzo di Herman Melville. È molto di più. È una straordinaria metafora utilizzata da Corrado d'Elia per parlare di sé, del proprio percorso artistico, dei propri maestri - reali o ideali che siano - e dei mille e più stimoli creativi che gli giungono dalla narrativa, dalla poesia, dalla musica e, ovviamente, dal teatro. La storia si apre su un uomo che, seduto sulle proprie sconfitte, prende a raccontare di sé, proponendosi quale emblema di tutti gli eroi consumati dal fuoco del proprio desiderio di impossibile.