Offrire una nuova lettura di Goffredo Parise vuol dire interrogarsi sul significato della scrittura, ieri come oggi, in relazione al vissuto e ai sentimenti, agli ambienti e ai contesti, alla storia e ai conflitti. In tutti questi sensi quello dei Sillabari e di Guerre politiche è un autore esemplare. Ma troppo spesso il suo talento è stato preso come un dato di natura: raccontare i suoi libri nel loro "farsi" significa entrare, invece, nel laboratorio di Parise. Magari per accorgersi che resterà sempre, alla fine, un quanto d'inspiegabile. Dalla svolta del Padrone (1965) sino ai capolavori tardi, sotto la lente resta quello che è stato definito l'«occhio vivente» di Parise: dove della formula, almeno quanto il sostantivo, conta sempre l'aggettivo.