Giuseppe Abbamonte, esule e latore del pensiero illuministico meridionale, si rende, nel frangente vagliato, protagonista di una sperimentazione costituzionale; l'analisi della sua produzione offre lo spunto per ripercorrere le vicende genetiche e i caratteri giuridici di cui si andava appropriando un incipiente costituzionalismo italiano post rivoluzionario. Occorre, tuttavia, comprendere se questa produzione possa effettivamente porsi all'esponente di un'idea costituzionale giuridicamente compiuta e condivisa, pur in presenza di pensieri antagonisti; se sia solidamente fondata in termini dottrinari e giuridici o non invece una delle manifestazioni emozionali del convulso momento storico, un ibrido letterario, poetico e politico, ammantato di giuridicità e sorto in quel fervore. Il presente studio si è posto questi obiettivi: verificare la effettiva consistenza giuridica dell'opera abbamontiana; individuare i tratti del suo orizzonte costituzionale; saggiarne la tenuta e coerenza istituzionale a fronte di schemi pubblicistici; infine, indagarne la contestualizzazione e gli apporti all'interno del dibattito giuridico italiano ed europeo del tardo Settecento.