La lontananza dal luogo natio, dai luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza, ha accentuato il bisogno di questo viaggio personale attraverso la fotografia, nei luoghi che mi hanno dato i natali e che mi hanno visto crescere, attraverso le storie, i personaggi e gli scenari verghiani. E allora il diario personale è diventato una foto-lettura del Mastro-don Gesualdo. Immagini vere e immagini di fantasia si confrontano e si intrecciano seguendo il flusso narrativo del romanzo per mostrare quella relazione originaria fra topos, inteso come fonte di ispirazione grezza, e logos, ossia l'atto creativo della narrazione stessa. Ça va sans dire il risultato finale rappresenta una mia personale interpretazione: una proposta di lettura fotografica del Mastro.