Facendo propria la lezione di poetica della fotografa statunitense, la raccolta d'esordio di Beatrice Seligardi funziona come una Wunderkammer che è anche un po' una camera oscura: in tre sezioni che giocano con le forme dell'erasure, della prosa lirica e del poemetto narrativo multilingue, prende corpo un universo popolato da donne scomparse o presunte tali, da altre che provano a inseguire o fuggire dagli eventi, talvolta trasparenti come fotogrammi o immerse nel bianco delle lacune testuali, ma sempre disposte in un attrito verso il reale detto sottovoce.