A 50 anni dalla morte di Ezra Pound (1972) e a cento dalla nascita di Pier Paolo Pasolini (1922), Naxos celebra due giganti che, grazie alla storica intervista Rai del 1968, hanno saldato vicendevolmente le prospettive personali. Entrambi liberi, entrambi martiri. Due uomini che hanno pagato con il dolore della carne una chiarezza di vedute destinata, oggi come allora, a produrre scandalo. Il poeta americano ha subìto l'umiliazione disumana della gabbia; il genio friulano ha lasciato questo mondo tra i misteri della cronaca più nera. Ma è lo stesso Pasolini a offrire gli strumenti d'indagine utili a individuare le medesime inquietudini dettate dal procedere della contemporaneità, un Pasolini che dichiara una sintonia che sfocia addirittura in una paradossale intesa meta-politica. Nell'incontro tra i due lo si può evincere dai saggi dei vari autori del presente numero di Naxos, la tensione tra destra e sinistra cede il passo ad altro senza produrre nuova ideologia. Inutile rievocare qui le reciproche provenienze, sono fin troppo note. Quello che interessa è altro: ribadire il principio che senza il corpo non vi è incontro e quindi relazione. Nemmeno tra poeti. Ma anche altro, che senza corpo non può esserci parola alcuna.