Che cos'è una pastiera? Difficile definire univocamente il dolce partenopeo. Ma c'è chi si attacca a tutto pur di identificare una costante che dica: «Questa è una pastiera, questa no!». E ci tiene così tanto, che è disposto anche a credere alle favole. L'ultima riguarda la griglia disegnata dalle strisce di pasta frolla sul ripieno del dolce. Da qualche anno sul web si è diffusa la voce che dovessero essere sette. Mezza città ha abboccato. Il perché più gettonato è che ripeterebbero numero e tracciati dei plateai/stenopoi (decumani/cardi) della Napoli greca. Falso, perché i plateai sono tre ma gli stenopoi sono molti più di quattro. E falsa tutta la storia del numero obbligato, inventata nel 2016, come ci svelano diverse fonti web dedicate a Napoli. Il motivo della nostra credulità è che, quando si tratta della nostra identità culturale, pretendiamo certezze. Vogliamo sapere chi siamo. E vogliamo dimostrare a chi condivide le nostre origini che su quelle ne sappiamo più di lui. Così accettiamo qualsiasi nozione sembri coerente. La fonte? Bazzecole, quisquilie, pinzellacchere. Questo libro nasce da un'istanza contraria. Punta a illuminare la realtà plurale raccolta sotto il nome di "pastiera" senza la pretesa di ridurla a unità. Indagarla dal punto di vista della sua forma concreta (il dolce e le sue ricette), della sua fortuna (gli estimatori, le occasioni di consumo, gli interpreti) e delle idee collegate (i simboli che vi convergono). Tutto ciò consultando fonti attendibili e dichiarate per quanto riguarda il passato e testimoni autorevoli per il presente. Con grande amore per l'oggetto d'indagine e un occhio di riguardo per l'universo che l'ha prodotto, Napoli.