"L'attività dello sguardo cinegrafico di Italo Calvino è stata oggetto, nel corso degli anni, d'una serie di considerazioni, spesso illuminanti, a partire dal lavoro collettivo coordinato da Lorenzo Pellizzari, fino a più recenti contributi o monografie (ad es. Santoro o Zinato). In questo campo denso d'indagine, per nulla ovvio peraltro (data la scarsità dell'apporto diretto, da parte dello scrittore, al lavoro filmico), lo studio di Zazzini, studioso giovane e valentissimo, s'inserisce del tutto autorevolmente: tramite una ricognizione originale, e davvero a tutto campo, nelle più riposte pieghe della pratica calviniana. Seguendo la traccia segnata nella celebre Autobiografia di uno spettatore, lo studio rileva i modi in cui fin dalla giovanile formazione cinéphile (dettagliatamente documentata, anche con reperimenti di materiali finora ritenuti dispersi, risalenti a prima e dopo la Guerra) lo schermo abbia determinato parti significative dell'immaginario di Calvino, finanche nel trasmettersi d'un mito del femminino, già vagheggiato nell'incipiente star-system anni '30 ma riemergente in filigrana in zone significative della sua produzione narrativa. E questo, concentrando l'analisi sui vari "ritorni" in sala, dagli anni '50 ai '70 - dall'ufficialità veneziana della Mostra, alle proiezioni d'essai nel periodo parigino - in uno spettro di implicazioni (tra osservazione e auto-osservazione) che lo studio rileva con attenzione e acutezza; e che oggettiva anche tramite l'assai ampio ed esaustivo repertorio qui posto a coronamento. Nell'ampiezza di ricognizione e rigore d'analisi, il lavoro di Zazzini costituisce un nuovo e del tutto rimarchevole strumento d'accesso a un paesaggio labirintico quanto (apparentemente) battuto come quello di Calvino, dalla presa stessa in movimento del suo sguardo; un "percorso parallelo" tra quei sentieri, del quale sarà difficile fare a meno." (Tommaso Pomilio)