La storiografia cinematografica ha, troppo spesso e troppo a lungo, teorizzato una profonda cesura tra il cinema del ventennio e quello del secondo dopoguerra; solo recentemente una nuova tendenza ha cominciato a promuovere lo studio e l'analisi degli elementi di continuità che uniscono questi due diversi periodi, arrivando a teorizzare un vero e proprio "neorealismo fascista". Per fare chiarezza, si viaggerà attraverso i film che hanno raccontato l'Italia dal 1937 al 1954, le cui colonne sonore sono a firma Renzo Rossellini - fratello del regista Roberto e potente "alleato" nella realizzazione dei suoi film - per il quale compose le più belle e intense musiche del neorealismo italiano, che a distanza di anni ancora emozionano il pubblico di tutto il mondo: Roma Città Aperta, Paisà, Stromboli, ecc. Renzo Rossellini si colloca in un momento musicalmente delicato: in quegli anni si stavano affacciando nel panorama musicale italiano nuove tendenze e innovazioni rivoluzionarie, quali il minimalismo introdotto da Terry Riley o la musica aleatoria di John Cage, eppure l'audience era abituato ai suoni affettati e pomposi del regime fascista e dunque non coglieva il contrasto tra la cruda estetica delle immagini e la barocca performance della musica. La coerenza di Renzo Rossellini nella propria visione musicale, fondata sul descrittivismo, porta a chiedersi: esiste davvero una musica neorealista?