L'uomo più veloce del mondo è una figura mitica, che abita l'immaginario di tutti i popoli della terra in ogni epoca, da Achille ai supereroi. Oggi quel mito ha il volto e il fisico statuario di Usain Bolt, che calamita l'attenzione dei media ben oltre i confini dell'atletica. Anche Pietro Mennea è stato l'uomo più veloce del mondo. Per diciassette anni. Tanto è durato il suo record dei 200 metri (19"72) oggi detenuto dal giamaicano. Due atleti dal fisico diverso che in epoche differenti hanno affrontato da protagonisti la stessa sfida. Una posizione che permette a Mennea di analizzare il fenomeno Bolt da un punto di vista unico: quello di chi è già passato dallo stesso percorso in termini di allenamenti, infortuni, pressione mediatica, polemiche, sfide, successi e sconfitte. E solitudine. Entrambi hanno dominato le rispettive epoche, aprendo una strada totalmente nuova nei metodi di allenamento e imponendo consapevolmente un ruolo del campione sportivo che non si esaurisce nel primato.