"Questi due testi, "Ricordo, ergo sum" e "Il mio tempo", rappresentano il risultato di un percorso accidentato, un viaggio dentro me stesso, un'operazione doverosa, per sfruttare ciò che il cancro mi ha lasciato in eredità negli anni, in superficie, come segni indelebili sulla pelle e nelle mie profondità, come anfratti, fosse, buche da oltrepassare e mari sotterranei da navigare. Il prodotto di un viaggio interiore che ho voluto e dovuto intraprendere, con l'intento primario di rivangare, rimestare e rimescolare la melma che la vita produce, la spazzatura che abbiamo imparato a nascondere sotto il tappeto, con la quale dobbiamo fare i conti, inevitabilmente, inesorabilmente e giustamente" (l'autore)