Tutto cominciò in quel giorno di novembre: il cielo era plumbeo, tutto era ingrigito senza colori. Dalla finestra osservavo le gocce di pioggia che, cadendo, bagnavano il marciapiede con un suono indefinito. Le strade, quasi deserte, parevano luccicare e le poche persone sorprese dal temporale cercavano riparo nelle botteghe. Ripensai così, tra i suoni della pioggia, alle mattine quando in prossimità della maturità scolastica noi ragazzi avevamo fretta di riversarci per strada scalpitando nei banchi in attesa della fine delle lezioni, e ancora a quei sabati sereni con Esaù, mio padre, Ruth, mia madre, Davìd, mio fratello, trascorsi in casa tra melodie del grammofono e canti della mia terra. Tutto era ancora presente nella mia mente, tutto era vivo, incancellabile, il tutto che purtroppo non era e non fu più realtà. Mi chiamo Ester e sono Ebrea. Anno 1940