«I Trentin sono un pugno in un occhio - scrive Mario Isnenghi - nell'occhio di tutti gli altri»: l'intransigenza della scelta antifascista e l'indisponibilità ai compromessi di questa famiglia veneta sembrano cioè rimarcare, per contrasto, le mediocrità e le pavidità altrui, nell'Italia degli anni Venti. Silvio Trentin fu tra i primissimi cattedratici italiani a rifiutare il processo di fascistizzazione dell'università decidendo, già all'inizio del 1926, di abbandonare non solo l'insegnamento ma lo stesso suolo di una patria per cui, pochi anni prima, aveva con entusiasmo rischiato la vita. Per Silvio, la moglie Beppa e i piccoli Giorgio e Franca cominciava così un esilio che durerà più di 17 anni. Non più solo italiani e mai del tutto francesi, i Trentin assunsero dunque i tratti di una famiglia "europea", impegnata in una lotta per la democrazia senza confini nazionali. Nella ricorrenza del centenario della nascita di Franca Trentin, viene pubblicato il catalogo della mostra che ricostruisce questa vicenda corale facendo principalmente ricorso al ricco archivio fotografico che la stessa Franca ha lasciato loro in eredità.