Lo studio raccolto nelle pagine di questo libro guarda al fenomeno architettonico come atto costruttivo delle forme del suolo, primo e ineludibile effetto di qualunque trasformazione antropica del mondo che abitiamo. Ogni azione elementare impartita sullo spessore del suolo produce esiti, genera forme; la forma architettonica essenziale deriva, dunque, dall'impatto prodotto sulla linea di terra. Ma quali ragioni, quali necessità inducono verso determinate alterazioni topografiche? E che tipo di progettualità si sviluppa a partire da tali processi? Il percorso che prende avvio da queste domande, non può che cominciare da una lettura dello spazio geografico, tesa a ricucire i nessi che da sempre legano le forme, le tecniche e i linguaggi architettonici alle materie, le morfologie e le storie proprie di un territorio. Attraverso una focale denominata "lente topografica", gradualmente definita nei metodi e negli strumenti, il libro traccia un altro racconto, che ha per oggetto il patrimonio antropico disseminato a terra, quello che il suolo lascia emergere e quello che seppellisce. È del resto nel medio di queste tracce che trova espressione la forma costruita. Quale allora il potenziale narrativo del progetto di suolo? Quale storia raccontare e attraverso quali espedienti? Attorno a questi interrogativi prendono avvio considerazioni di carattere teorico e analitico. In particolare, la ricerca si concentra su due casi emblematici: il Sacro Bosco di Bomarzo e il giardino funerario Östra Kyrkogarden di Malmö, entrambi inquadrati nell'estensione ampia della scala geografica e nella visione sincronica del paesaggio storico.